Recensione Le Crociate

Dimenticate tutto quello che avete sentito sino all’uscita nelle sale del nuovo kolossal storico di Ridley Scott, perché Le Crociate – ma, ahimè, come quasi sempre accade con la traduzione italiana, il titolo originale Kingdom of Heaven - Il Regno del Paradiso – assume tutt’altro significato, spessore e profondità (dopo aver visto il film, ovviamente) – non è nulla di tutto ciò. Non è scontro di civiltà. Non è conflitto tra religioni. E non è Guerra Santa in celluloide. Né, tantomeno, può essere tacciato di (un nemmeno velato) razzismo, dove l’Occidente buono è in lotta con l’Islam cattivo. Molto rumore per nulla, insomma, parafrasando il Bardo. Ma accade spesso che in questo cinema che deve inventarsi sempre, e per forza, qualcosa di nuovo, e puntare ad incassi miliardari – qui quasi 150 milioni di budget... da recuperare! – ci debba essere un eccessivo spazio per parole provocatorie, e, perlomeno, l’insinuazione dello scandalo; in fondo, malcelato sensazionalismo. Accadde la scorsa stagione con il bellissimo La Passione di Cristo di Mel Gibson, ed è accaduto anche quest’anno con Le Crociate. Argomenti di natura religiosa, certamente si prestano, soprattutto di questi tempi, con più facilità ad argomentazioni provocatorie e spesso faziose, ma il pubblico può essere ammiccato per un po’ ma non è stupido; e se poi, già dal trailer visibile in Internet, nessuna di tutte le parole (al vento) che sono state spese, prende una forma reale, a cosa è servita una simile operazione?! Il botteghino darà il suo responso entro il mese, e certamente sia Sir Ridley Scott sia Dreamworks (Spielberg) e Fox (che hanno co-prodotto il film) sperano di ripetere il successo del film di Gibson, anche se, credo, si accontenterebbero di quelli de Il Gladiatore, opera decisamente più riuscita di questa. Perché? Il confronto è d’obbligo, visto che nel 2000 Scott riuscì nel difficile compito di rinvigorire un genere che sembrava ormai morto grazie alla stupefacente sceneggiatura di tre grandi a

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